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Tradire se stessi per compiacere gli altri: comprendere e risolvere il conflitto emotivo interiore


Giovane donna seduta sul divano che guarda fuori dalla finestra con espressione pensierosa
Giovane donna seduta sul divano che guarda fuori dalla finestra con espressione pensierosa

Ci sono fratture che non si vedono. Non fanno rumore, non si manifestano subito. Ma agiscono in profondità.


Una di queste fratture si apre quando la nostra vita esteriore prende una direzione che non coincide più con ciò che sentiamo dentro. Non si tratta di incoerenza morale, ma di un meccanismo molto più sottile: un disallineamento costante tra quello che sentiamo e quello che scegliamo di fare.


Può capitare a chiunque. Anzi, capita soprattutto a chi ha imparato fin da piccolo che l’appartenenza viene prima dell’autenticità, che per essere accolti bisogna smussare i bordi, sacrificare pezzi di verità.


Il problema è che il corpo queste cose le registra. Il cuore ancora di più.


E anche se ci abituiamo a funzionare in questo modo — scegliendo in base a ciò che “dovremmo” e non in base a ciò che risuona — dentro qualcosa si irrigidisce. Si blocca. Si allontana da sé.


Quello che chiamiamo conflitto emotivo non è altro che questo: un punto di frattura tra il nostro sentire e il nostro agire. E con il tempo, quella frattura può diventare una crepa nella vitalità, nella fiducia, nell’integrità. Una perdita di contatto.

Cos’è davvero un conflitto emotivo?

Non è solo una discrepanza tra pensiero ed emozione. È una scissione sottile tra ciò che senti e ciò che fai. Una divergenza tra il tuo movimento interno e la tua azione esterna.


Secondo la psico-somatica, il corpo non mente. Il corpo percepisce la verità prima della mente. E se sei costantemente in conflitto con ciò che senti, quel conflitto si iscrive nei tessuti, nei gesti, nei comportamenti, nelle scelte, nei sintomi.


Il cuore, in questo quadro, non è solo un organo. È un trasduttore energetico: capta la verità emotiva prima che tu possa razionalizzarla. Quando agisci contro di te, il cuore lo sa. Perde coerenza. Cambia ritmo. E ti fa sentire disconnessa, anche se fuori tutto sembra apparentemente “a posto”.


Perché entriamo in conflitto con noi stessi?

Non lo facciamo per masochismo. Lo facciamo per sopravvivere, per strategia. Lo facciamo per essere accettati, amati, protetti.


Un bambino non ha molte alternative: se per essere visto deve mettere da parte quello che sente, lo farà. Imparerà che compiacere è più sicuro che esprimere. Che accontentare è meglio che deludere. Che evitare un conflitto esterno vale più della pace interiore.

Queste sono strategie intelligenti. Solo che da adulti, continuare ad usarle ci fa ammalare. Il prezzo è la disconnessione da noi stessi.


Le conseguenze del conflitto emotivo

Non sempre esplodiamo. Spesso implodiamo.


Un conflitto emotivo prolungato genera:

  • Tensione muscolare cronica, specialmente nel petto e nello stomaco

  • Sensazioni di “vuoto”, apatia, confusione

  • Stanchezza che non si risolve con il riposo

  • Ansia diffusa o senso di inadeguatezza anche in contesti neutri

  • Una voce interiore che smette di parlare (o che si fa giudicante)


E poi c’è quella sensazione sottile, difficile da spiegare: la percezione di essersi traditi. Non è un dolore acuto, né un’emozione definita. È più simile a un vuoto che si apre tra ciò che sai essere vero per te… e ciò che hai fatto, detto o accettato. È quel momento in cui senti di aver silenziato qualcosa di profondo per andare incontro a ciò che gli altri si aspettavano. Non è sempre facile da riconoscere, perché non grida: ma lascia una traccia silenziosa — una stanchezza, un senso di scollegamento, la sensazione di aver lasciato indietro una parte viva di te.


Come si esce da questo meccanismo?

Non con un gesto eclatante. Ma con una serie di scelte coerenti. Minuscole. Costanti. Coraggiose.

  1. Inizia a osservare cosa senti prima di decidere cosa fare. Fai spazio alle tue percezioni, anche se non sai ancora come tradurle in azione.

  2. Tollera il disagio del dissenso. Dire no, deludere, scontentare. A volte è l’unico modo per non scontentare te.

  3. Riprendi contatto con il cuore. Non in modo poetico, ma funzionale. Il cuore ha una sua intelligenza. Pratiche di coerenza cardiaca (respiro + emozioni positive autentiche) possono riaccordarti con te stessa.

  4. Accetta che ti sei protetta come potevi. Il tradimento interiore non è un errore. È stato un adattamento. Ma ora puoi scegliere altro.

Per concludere...

Essere coerenti con sé stessi è un atto politico. È anche un atto spirituale. Ma soprattutto è un atto fisico: il corpo sa se sei in pace con ciò che fai.

Non sempre puoi cambiare tutto. Ma puoi cominciare a scegliere in una direzione più tua. Puoi permetterti il rischio di deludere, di dispiacere, di non piacere a tutti — per piacere a te. Per non voltarti le spalle, ancora una volta.


Il cuore non chiede perfezione. Chiede solo verità. E la verità, anche quando è scomoda, alleggerisce.


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Ti leggo volentieri!

 
 
 

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